Voglio usare la pellicola! Esiste ancora?

Voglio usare la pellicola! Esiste ancora?

Kodak. Film. No compromise.

Questo lo slogan della casa di produzione di pellicole più famosa del mondo che ancora oggi produce e vende pellicole di tutti i formati.

Quando circa 10 anni fa decisi di riutilizzare alcune cineprese che avevo acquistato, cercai sul web i venditori di pellicole per i miei apparecchi, più vicini a dove abito. Grande sorpresa. Abitando nell’area fiorentina, che non è certo l’area principale preposta alle attività cinematografiche, ho trovato 4 rivenditori ufficiali a Roma, due a Milano e un rivenditore di pellicole di tutti i formati che svolge da tanti anni servizi completi di pulizia, restauro, e vendita di prodotti multi marca alla periferia di Firenze. Quali formati offre? Quello cinematografico, cioè il 35 mm, e il 16 mm, la pellicola 8mm e Super8, colore e bianco e nero. Fra le marche produttrici ci sono Agfa Kodak e Orwo; Marco della Movie & Sound, conosce bene tutti questi prodotti e ne suggerisce l’uso abbinato a cineprese specifiche e circostanze ambientali con grande professionalità.

A Vallina, Firenze, la Movie & Sound offre questi servizi, inoltre permette tramite noleggio di attrezzature di realizzare i propri filmati d’autore come giustamente ci tiene a definirli Marco. Da lui ho approfondito che il tipo di emulsione (la parte del film che viene impressionata) della pellicola Super8 e 8mm, è la stessa di quella cinematografica, solo che viene preparata in tagli più piccoli dai produttori. Significa che usando queste modeste pellicole inserite dentro una vecchia cinepresa degli anni ’70, che permettono di realizzare con una cartuccia di pellicola circa 2 minuti e mezzo di filmato, stiamo facendo CINEMA! Per chi volesse avventurarsi con questi prodotti per diletto o per lavoro, sappia  che le pellicole di piccolo formato hanno gli stessi colori delle pellicole proiettate su grande schermo.

Approfonditi questi discorsi, ho deciso di investire un po’ di soldi nell’acquisto di cineprese 16 mm, ne ho possedute 3, due Beaulieu e una Krasnogorsk per iniziare ad utilizzare questo formato, e altre 6 cineprese Super8, Canon, Bolex, Nizo. Mi è stato spiegato che la pellicola Super8, quando viene convertita in digitale tramite scanner, può essere gonfiata in gergo cinematografico o semplicemente ingrandita, mantenendo sempre una buona risoluzione per essere proiettata su schermi cinematografici, certamente non i più grandi. Per questa vantaggiosa possibilità, c’è chi produce cortometraggi e filmati di una certa lunghezza su pellicola Super8 con spesa modesta riuscendo con il filmato finale ingrandito per il grande schermo a partecipare a concorsi e cinefestival. Certamente la qualità della grana e dei dettagli sarà inferiore per esempio alla pellicola più larga, 16mm che con doppia superficie appartiene già ai grandi formati insieme  alla 35mm ai formati del cinema. Per chi fosse interessato, ci sono diversi concorsi un po’ in tutti i paesi che accettano questo mini formato di pellicola come supporto. In Francia ho saputo di un festival che accetta direttamente la cassetta Super8 ancora da sviluppare che viene proiettata sul grande schermo senza alcun montaggio. I premi vengono assegnati ai prodotti più creativi e la cosa forse più interessante per i produttori è quella di vedere anche loro come gli spettatori del festival in sala, per la prima volta la propria pellicola proiettata senza aver avuto possibilità di controllarla prima.

Alla Movie & Sound decisi di prendere a noleggio una Arri BL 16mm per girare il mio primo documentario in quel formato a colori. L’occasione arrivò per un prodotto di nicchia: un laboratorio orafo, volevo preparare un corto che raccontasse ispirato ai filmati degli anni 60/70, l’arte di fare gioielli con un montaggio finale senza dialoghi né voci; solo una colonna sonora musicale che non creasse distrazioni per accentrare l’interesse sul prodotto visivo. In aggiunta, per facilitare la comprensione non scontata della sequenza di immagini, sotto titoli ispirati al cinema muto degli inizi del ‘900 anche per lo stile delle frasi scritte. Per farsi un’idea dei costi di produzione, potremmo dire che acquistando una cinepresa Canon magari Autofocus come una 514AF XL, che è una delle poche macchine super8 con messa a fuoco automatica, anche su Ebay, e comprando cartucce di pellicola a colori, si può girare un filmato di qualche minuto.

Se ti interessa approfondire l’argomento della pellicola o addirittura sperimentare la pellicola insieme, scrivimi.

Camera condivisa

Camera condivisa

Retinette 2

A undici anni non si può pensare di avere tutto, almeno quando li avevo io. Così quando i miei genitori lasciavano la macchina fotografica con un rullino da finire, mi scervellavo per scattare principalmente foto ambientali piuttosto che persone. Dato che acquistando rullini da 24 o 36 pose, gli scatti erano tutti preziosi, ed era preferibile pensare bene decidendo cosa inquadrare prima di gettare al vento una parte della pellicola ricevendo la doppia delusione al momento della stampa completa della pellicola che in automatico produceva tutto, il buono e il poco buono. Non aveva molto senso dal punto di vista economico, scattare solo una parte dei fotogrammi disponibili perché lo sviluppo della pellicola aveva un costo a forfait a prescindere dal fatto che la pellicola fosse stata usata tutta o in parte; in aggiunta, le stampe che venivano eseguite in automatico dal laboratorio fotografico, avrebbero stampato anche gli scatti poco buoni. Se si riusciva a trovare un lab fotografico che controllava manualmente                                   la qualità, allora la spesa era adeguata alle foto risultate buone. Per chi usava in famiglia come tradizione la macchina fotografica solo per gli eventi significativi, poteva accadere di sviluppare solo a fine anno le foto contenute nel rullino ottenendo le stampe dagli scatti che probabilmente come a casa nostra interessavano eventi in un arco di tempo semestrale mostrando immagini delle vacanze estive insieme al Natale. A casa di mia mamma con o senza la Kodak Retinette II, accade ancora!

Ist. d'Arte Firenze sito web

Arrivato al liceo, l’Istituto d’Arte di Firenze, iniziai velocemente ad essere ispirato scattando foto su foto anzi rullino dopo rullino, ritraendo amici e oggetti di classe, sì perché iscritto ad oreficeria,

Incisione a bulino su rame
Incisione a bulino su rame

le fasi di lavoro dei miei progetti erano tutte interessanti e qui iniziarono i miei primi reportage a colori e per economia prima e per scelta estetica successivamente, in bianco e nero.

Feininger
Il mio libro formativo
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Grazie ad un libro che allora mi costò diversi sacrifici oltre all’inizio di una campagna abbonamenti della rivista “Fotografia”, scattò, è il caso di dirlo, la passione di occuparsi completamente di tutto il processo lavorativo fotografico, dallo scatto alla stampa finale con ingranditore bacinelle e acidi fu un passaggio veloce che portò le mie ambizioni di scatti fantasiosi e sperimentali ad un livello superiore. Allora la condivisione con altri era possibile solo attraverso club o circoli specifici che per mia timidezza e giovane età sceglievo di non frequentare; mi trovavo così a guardare e confrontare con le pagine del libro tutor per me di Feininger, per cercare rassomiglianze fra i suoi scatti pieni di sperimentazioni ed effetti speciali e qualcosa del genere che anche le mie stampe offrivano. Poi la fase successiva, quando un po’ più grandicello, decisi di occuparmi di ritrarre non solo oggetti e scenari ma gli umani e anche in qualche caso di me stesso. A Venezia esperienza vissuta con un gruppo di amici, mi divertii a documentare un carnevale, che in aggiunta ai visitatori provenienti da ovunque, vide la partecipazione straordinaria di circa 20 mila persone provenienti dal sud tutte vestite da Pulcinella o almeno così mi ricordo. Il viaggio di ritorno in treno dopo i ritardi e i sovraffollamenti di alcuni convogli in stazione non fu un’esperienza piacevole, ma la mia mente andava ad immaginare ciò che la fotocamera (condivisa) aveva scattato in quella formidabile e coloratissima giornata fino a impressionare 3 o 4 rulli fotografici. Quell’esperienza mi faceva sentire felice non meno di un fotografo quando soddisfatto, porta a casa il suo servizio rivedendo dentro la sua immaginazione e memoria ogni singolo scatto ragionato fermato e inciso su quel meraviglioso supporto tangibile che si chiama pellicola. Oggi cerco di gustarmi la verifica dello scatto dietro i monitor lcd degli apparecchi digitali che uso, ma non è più la stessa cosa. Mentre da una parte serbo nel cuore la suggestione di quelle lunghe attese quando al ritorno di una gita domenicale di scatti fotografici al mare o in campagna con gli amici, si doveva attendere l’apertura dei negozi il lunedì pomeriggio per consegnare i rullini sperando di ritirare le stampe, a fine settimana per poi condividere con gli amici le emozioni, e a volte constatare che la messa a fuoco su certe foto desiderate non era un granché, prendendosi le critiche bonarie degli amici più sinceri. A Venezia quella volta, i rumori dello scatto e della ricarica della pellicola  della mia Retinette, si ripetevano frequenti mentre cercavo la posa ideale, abbagliato dalle numerose coreografie che si componevano tutto il giorno davanti agli occhi di tutti, lasciando ad ogni fotografo esperto o neofita come me, il tempo necessario per cercare i momenti migliori. Ricordo che la spesa per lo sviluppo e la stampa delle foto, era argomento di battaglia e contrattazione per qualche lavoretto in casa che non scalfiva la mia passione nemmeno un po’, pronto piuttosto a rilanciare l’acquisto di nuovi rullini, prodotti chimici, e carta fotografica. Quasi sempre acquistavo i prodotti presso l’ottica Fontani, attiva ancora oggi, ma quasi esclusivamente per il  digitale, con i suoi validi commessi anche nella consulenza e vendita di apparecchi fotografici nuovi ed usati. Ah, che tempi eccitanti… Che nostalgia. Sviluppare pazienza nell’attesa di vedere stampati i propri scatti. Ancora più appassionante era, attendere una settimana per avere indietro i propri negativi bianco e nero sviluppati nei lab dei professionisti dall’altra parte della città pronti per essere inseriti nel frame dell’ingranditore e proiettati su carte di varie dimensioni, dopo aver chiuso le serrande e coperto religiosamente la finestra per allestire nella mia stanza da letto, la camera oscura! Qui ero capace di blindarmi subito dopo cena fino a tarda notte, guidando le stampe dalla bacinella dello sviluppo a quella del fissativo fino al risciacquo finale, per poi appenderle ad asciugare con mollette rubate alla mamma su uno spago. Il sonno, poco in quelle notti, era sempre impregnato delle rimanenze acide e un po’ nauseabonde che rimanevano nel mio fotolab – camera da letto, rendendomi forse un po’ alterato dandomi una percezione delle foto fatte anche più belle di quanto non fossero in realtà. Oggi che scrivo, maneggiando le foto di quei giorni per inserirle qui , torno indietro a quei tempi, grazie all’odore di acido acetico del fissativo che ancora alcune stampe non lavate bene continuano ad emanare. Sono le 23 e trentanove, parlando di fotografia, ho fatto tardi anche stasera. Mi riguardo un carnevale filmato da me anni fa ovviamente a Venezia, e vado a letto. Alla prossima!