Le tre Venezie

Filmare o scattare fotografie a Venezia, essendo una città ricca di contenuti, può essere creativo per tutti i livelli di capacità. Ecco alcuni aspetti che ho verificato nelle occasioni che ho avuto visitando la città tre volte in un mese.
Immaginando di dedicare solo al centro storico più stretto della città le proprie attenzioni, trasportati dall’inevitabile flusso di turisti, suggerisco di assicurare al proprio corpo la macchina fotografica o filmica con i laccetti in dotazione che spesso vengono riposti a casa senza mai essere utilizzati. Per esperienza personale in questa città in mezzo alla gente, è più frequente sbattere accidentalmente il proprio gadget quando si viene urtati da qualcuno, piuttosto che esserne derubati. E’ bene comunque usare queste tracolle in modo da trovarsi sempre pronti a scattare o filmare senza dover recuperare e riporre a posto nelle borse il nostro aggeggio infinite volte fra uno scatto e l’altro. Per esperienza personale, senza laccetto al collo, in più occasioni dopo alcuni scatti o brevi clip, per pigrizia ho scelto di lasciare in borsa l’apparecchio perdendo anche occasioni ghiotte per ritrarre la spontaneità dei gesti di qualcuno. Avere paura di essere presi di mira da malintenzionati che tengono d’occhio le nostre apparecchiature è comprensibile, ma è anche fortemente probabile essere ignorati in mezzo alle migliaia di persone che anche in giornate di pioggia sono per strada nel centro storico. Se in questa città vi capita di guardarvi intorno, è abbastanza probabile che almeno una persona su tre abbia il suo apparecchio fotografico o smartphone in mostra come noi, spesso più costosi del nostro. Secondo statistiche dell’ufficio del turismo, l’anno scorso circa 25 milioni di persone hanno visitato Venezia; ritengo che il rischio di essere derubati sia inferiore ad altre realtà italiane e non.
Altro suggerimento utile da considerare, è il rispetto di alcune categorie di persone che si trovano frequentemente intorno a noi lungo tutti canali della città: i gondolieri. Per loro convenzione, non vogliono essere fotografati gratuitamente proprio per la continua esposizione come personaggi pubblici che vengono presi di mira dagli scatti di tutti. Se accettiamo il fatto che nel transito dei circa 25 milioni di turisti all’anno uno di questi su tre abbia la macchina fotografica, quanti scatti saranno stati rivolti ai gondolieri? Questa condizione di privacy, non è molto diversa dai “gladiatori” che intorno al Colosseo a Roma stanno lì apposta vestiti come sono per ricavarci soldi; business loro o meno, mi darebbe fastidio essere mirato tutto l’anno da chiunque, senza nemmeno spesso sentirsi ringraziare. In Francia violando la privacy delle persone, si possono passare guai seri fotografando persone singole. Ritengo che se non vogliamo incorrere in problemi, sia preferibile non inquadrare palesemente solo loro dentro le nostre inquadrature.

A carnevale alcune cose cambiano. Migliaia di persone scendono in piazza, passeggiano, avanti e indietro tutti i giorni spesso posando e rendendosi disponibili ad ogni richiesta di foto e video. Il periodo viene atteso per lungo tempo per dare sfoggio alla propria creatività dei costumi probabilmente progettati e preparati con cura durante l’anno precedente, che acquistano maggiore importanza, se condivisi con gli altri; stranieri o conoscenti non importa, l’obiettivo personale abbastanza comprensibile è spesso quello di sentirsi i più belli o particolari fra le maschere incontrate quel giorno. Ricordo di aver chiesto diverse volte gentilmente di posare per me semplicemente per un sorriso e un inchino da signore e signori, ricevendo oltre alla totale disponibilità, anche qualche biglietto da visita che rivelava la vera identità; vanità o desiderio di ricevere una copia delle foto? Mah…

In una di queste occasioni video, un po’ stanco di visitare gli stessi posti, ho camminato in zone un po’ più periferiche ma solo di qualche strada più esterna alla centralissima piazza San Marco, e con grande meraviglia, oltre ad avere trovato più spazio per filmare le calli e gli edifici di Venezia meno popolari, mi sono goduto anche un particolare silenzio veramente suggestivo per godermi diversamente quell’atmosfera. Quella sembra essere la condizione preferita dei cittadini locali. A Venezia, se tornassi a breve, cercherei adesso di “giocare” con inquadrature di riflessi dell’acqua, le specchiature dei balconi nei canali, i contrasti di colore delle pareti delle abitazioni una accanto all’altra e delle loro decorazioni a rilievo; i nomi delle calli in lingua locale incisi su lastre marmoree consunte e incassate nelle pareti, le insegne commerciali dei vecchi negozi, le piazze che appaiono subito dopo strettoie e vicoletti, il dondolare delle prue delle gondole viste a decine in una prospettiva magari al calare della sera…

Pensando alla prima volta che a sedici anni visitai la città con gli amici scattando interamente 3 o 4 rullini fotografici da 36 pose pensando di aver fatto qualcosa di straordinario, devo riconoscere in questo caso, i vantaggi dell’era digitale delle macchine fotografiche che ci permettono di “portare a casa” anche alcune migliaia di scatti fatti in un giorno qualsiasi a Venezia, registrati su una schedina di memoria grande come un francobollo e spessa come il cartoncino di un sotto bicchiere da birra; a patto che si abbiano abbastanza batterie per scattare…

Per questo film che ho volutamente interpretato con inquadrature più cinematografiche rispetto alla versione precedente, ho cercato di narrare la città tramite edifici e personaggi che grazie al carnevale hanno sceneggiato da soli l’intero prodotto senza che io abbia dovuto mostrare particolari capacità. Come ho scritto in precedenza, tornare in un luogo e percorrere nuovamente le stesse strade, può trasmettere meno interesse documentaristico salvo che si scelga di seguire un modo differente di vedere le cose.

Infine, come terza versione della città, un viaggio nel quale ho scelto di usare la pellicola Super8 mm bianco e nero, selezionando le parti più suggestive di quanto avevo visto nelle due occasioni precedenti. Ho cercato di mettere in evidenza le forme e meno i dettagli che avrebbero sofferto senza i colori della loro vera natura. Interessante leggere le scritte che spiegano l’evoluzione delle gondole e della loro diffusione nei secoli costruite come iniziale mezzo di trasporto per poi diventare in periodi recenti veicoli per il trasporto dei turisti.

Buona lettura.

Camera condivisa

Camera condivisa

Retinette 2

A undici anni non si può pensare di avere tutto, almeno quando li avevo io. Così quando i miei genitori lasciavano la macchina fotografica con un rullino da finire, mi scervellavo per scattare principalmente foto ambientali piuttosto che persone. Dato che acquistando rullini da 24 o 36 pose, gli scatti erano tutti preziosi, ed era preferibile pensare bene decidendo cosa inquadrare prima di gettare al vento una parte della pellicola ricevendo la doppia delusione al momento della stampa completa della pellicola che in automatico produceva tutto, il buono e il poco buono. Non aveva molto senso dal punto di vista economico, scattare solo una parte dei fotogrammi disponibili perché lo sviluppo della pellicola aveva un costo a forfait a prescindere dal fatto che la pellicola fosse stata usata tutta o in parte; in aggiunta, le stampe che venivano eseguite in automatico dal laboratorio fotografico, avrebbero stampato anche gli scatti poco buoni. Se si riusciva a trovare un lab fotografico che controllava manualmente                                   la qualità, allora la spesa era adeguata alle foto risultate buone. Per chi usava in famiglia come tradizione la macchina fotografica solo per gli eventi significativi, poteva accadere di sviluppare solo a fine anno le foto contenute nel rullino ottenendo le stampe dagli scatti che probabilmente come a casa nostra interessavano eventi in un arco di tempo semestrale mostrando immagini delle vacanze estive insieme al Natale. A casa di mia mamma con o senza la Kodak Retinette II, accade ancora!

Ist. d'Arte Firenze sito web

Arrivato al liceo, l’Istituto d’Arte di Firenze, iniziai velocemente ad essere ispirato scattando foto su foto anzi rullino dopo rullino, ritraendo amici e oggetti di classe, sì perché iscritto ad oreficeria,

Incisione a bulino su rame
Incisione a bulino su rame

le fasi di lavoro dei miei progetti erano tutte interessanti e qui iniziarono i miei primi reportage a colori e per economia prima e per scelta estetica successivamente, in bianco e nero.

Feininger
Il mio libro formativo
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Grazie ad un libro che allora mi costò diversi sacrifici oltre all’inizio di una campagna abbonamenti della rivista “Fotografia”, scattò, è il caso di dirlo, la passione di occuparsi completamente di tutto il processo lavorativo fotografico, dallo scatto alla stampa finale con ingranditore bacinelle e acidi fu un passaggio veloce che portò le mie ambizioni di scatti fantasiosi e sperimentali ad un livello superiore. Allora la condivisione con altri era possibile solo attraverso club o circoli specifici che per mia timidezza e giovane età sceglievo di non frequentare; mi trovavo così a guardare e confrontare con le pagine del libro tutor per me di Feininger, per cercare rassomiglianze fra i suoi scatti pieni di sperimentazioni ed effetti speciali e qualcosa del genere che anche le mie stampe offrivano. Poi la fase successiva, quando un po’ più grandicello, decisi di occuparmi di ritrarre non solo oggetti e scenari ma gli umani e anche in qualche caso di me stesso. A Venezia esperienza vissuta con un gruppo di amici, mi divertii a documentare un carnevale, che in aggiunta ai visitatori provenienti da ovunque, vide la partecipazione straordinaria di circa 20 mila persone provenienti dal sud tutte vestite da Pulcinella o almeno così mi ricordo. Il viaggio di ritorno in treno dopo i ritardi e i sovraffollamenti di alcuni convogli in stazione non fu un’esperienza piacevole, ma la mia mente andava ad immaginare ciò che la fotocamera (condivisa) aveva scattato in quella formidabile e coloratissima giornata fino a impressionare 3 o 4 rulli fotografici. Quell’esperienza mi faceva sentire felice non meno di un fotografo quando soddisfatto, porta a casa il suo servizio rivedendo dentro la sua immaginazione e memoria ogni singolo scatto ragionato fermato e inciso su quel meraviglioso supporto tangibile che si chiama pellicola. Oggi cerco di gustarmi la verifica dello scatto dietro i monitor lcd degli apparecchi digitali che uso, ma non è più la stessa cosa. Mentre da una parte serbo nel cuore la suggestione di quelle lunghe attese quando al ritorno di una gita domenicale di scatti fotografici al mare o in campagna con gli amici, si doveva attendere l’apertura dei negozi il lunedì pomeriggio per consegnare i rullini sperando di ritirare le stampe, a fine settimana per poi condividere con gli amici le emozioni, e a volte constatare che la messa a fuoco su certe foto desiderate non era un granché, prendendosi le critiche bonarie degli amici più sinceri. A Venezia quella volta, i rumori dello scatto e della ricarica della pellicola  della mia Retinette, si ripetevano frequenti mentre cercavo la posa ideale, abbagliato dalle numerose coreografie che si componevano tutto il giorno davanti agli occhi di tutti, lasciando ad ogni fotografo esperto o neofita come me, il tempo necessario per cercare i momenti migliori. Ricordo che la spesa per lo sviluppo e la stampa delle foto, era argomento di battaglia e contrattazione per qualche lavoretto in casa che non scalfiva la mia passione nemmeno un po’, pronto piuttosto a rilanciare l’acquisto di nuovi rullini, prodotti chimici, e carta fotografica. Quasi sempre acquistavo i prodotti presso l’ottica Fontani, attiva ancora oggi, ma quasi esclusivamente per il  digitale, con i suoi validi commessi anche nella consulenza e vendita di apparecchi fotografici nuovi ed usati. Ah, che tempi eccitanti… Che nostalgia. Sviluppare pazienza nell’attesa di vedere stampati i propri scatti. Ancora più appassionante era, attendere una settimana per avere indietro i propri negativi bianco e nero sviluppati nei lab dei professionisti dall’altra parte della città pronti per essere inseriti nel frame dell’ingranditore e proiettati su carte di varie dimensioni, dopo aver chiuso le serrande e coperto religiosamente la finestra per allestire nella mia stanza da letto, la camera oscura! Qui ero capace di blindarmi subito dopo cena fino a tarda notte, guidando le stampe dalla bacinella dello sviluppo a quella del fissativo fino al risciacquo finale, per poi appenderle ad asciugare con mollette rubate alla mamma su uno spago. Il sonno, poco in quelle notti, era sempre impregnato delle rimanenze acide e un po’ nauseabonde che rimanevano nel mio fotolab – camera da letto, rendendomi forse un po’ alterato dandomi una percezione delle foto fatte anche più belle di quanto non fossero in realtà. Oggi che scrivo, maneggiando le foto di quei giorni per inserirle qui , torno indietro a quei tempi, grazie all’odore di acido acetico del fissativo che ancora alcune stampe non lavate bene continuano ad emanare. Sono le 23 e trentanove, parlando di fotografia, ho fatto tardi anche stasera. Mi riguardo un carnevale filmato da me anni fa ovviamente a Venezia, e vado a letto. Alla prossima!