Le tre Venezie

Filmare o scattare fotografie a Venezia, essendo una città ricca di contenuti, può essere creativo per tutti i livelli di capacità. Ecco alcuni aspetti che ho verificato nelle occasioni che ho avuto visitando la città tre volte in un mese.
Immaginando di dedicare solo al centro storico più stretto della città le proprie attenzioni, trasportati dall’inevitabile flusso di turisti, suggerisco di assicurare al proprio corpo la macchina fotografica o filmica con i laccetti in dotazione che spesso vengono riposti a casa senza mai essere utilizzati. Per esperienza personale in questa città in mezzo alla gente, è più frequente sbattere accidentalmente il proprio gadget quando si viene urtati da qualcuno, piuttosto che esserne derubati. E’ bene comunque usare queste tracolle in modo da trovarsi sempre pronti a scattare o filmare senza dover recuperare e riporre a posto nelle borse il nostro aggeggio infinite volte fra uno scatto e l’altro. Per esperienza personale, senza laccetto al collo, in più occasioni dopo alcuni scatti o brevi clip, per pigrizia ho scelto di lasciare in borsa l’apparecchio perdendo anche occasioni ghiotte per ritrarre la spontaneità dei gesti di qualcuno. Avere paura di essere presi di mira da malintenzionati che tengono d’occhio le nostre apparecchiature è comprensibile, ma è anche fortemente probabile essere ignorati in mezzo alle migliaia di persone che anche in giornate di pioggia sono per strada nel centro storico. Se in questa città vi capita di guardarvi intorno, è abbastanza probabile che almeno una persona su tre abbia il suo apparecchio fotografico o smartphone in mostra come noi, spesso più costosi del nostro. Secondo statistiche dell’ufficio del turismo, l’anno scorso circa 25 milioni di persone hanno visitato Venezia; ritengo che il rischio di essere derubati sia inferiore ad altre realtà italiane e non.
Altro suggerimento utile da considerare, è il rispetto di alcune categorie di persone che si trovano frequentemente intorno a noi lungo tutti canali della città: i gondolieri. Per loro convenzione, non vogliono essere fotografati gratuitamente proprio per la continua esposizione come personaggi pubblici che vengono presi di mira dagli scatti di tutti. Se accettiamo il fatto che nel transito dei circa 25 milioni di turisti all’anno uno di questi su tre abbia la macchina fotografica, quanti scatti saranno stati rivolti ai gondolieri? Questa condizione di privacy, non è molto diversa dai “gladiatori” che intorno al Colosseo a Roma stanno lì apposta vestiti come sono per ricavarci soldi; business loro o meno, mi darebbe fastidio essere mirato tutto l’anno da chiunque, senza nemmeno spesso sentirsi ringraziare. In Francia violando la privacy delle persone, si possono passare guai seri fotografando persone singole. Ritengo che se non vogliamo incorrere in problemi, sia preferibile non inquadrare palesemente solo loro dentro le nostre inquadrature.

A carnevale alcune cose cambiano. Migliaia di persone scendono in piazza, passeggiano, avanti e indietro tutti i giorni spesso posando e rendendosi disponibili ad ogni richiesta di foto e video. Il periodo viene atteso per lungo tempo per dare sfoggio alla propria creatività dei costumi probabilmente progettati e preparati con cura durante l’anno precedente, che acquistano maggiore importanza, se condivisi con gli altri; stranieri o conoscenti non importa, l’obiettivo personale abbastanza comprensibile è spesso quello di sentirsi i più belli o particolari fra le maschere incontrate quel giorno. Ricordo di aver chiesto diverse volte gentilmente di posare per me semplicemente per un sorriso e un inchino da signore e signori, ricevendo oltre alla totale disponibilità, anche qualche biglietto da visita che rivelava la vera identità; vanità o desiderio di ricevere una copia delle foto? Mah…

In una di queste occasioni video, un po’ stanco di visitare gli stessi posti, ho camminato in zone un po’ più periferiche ma solo di qualche strada più esterna alla centralissima piazza San Marco, e con grande meraviglia, oltre ad avere trovato più spazio per filmare le calli e gli edifici di Venezia meno popolari, mi sono goduto anche un particolare silenzio veramente suggestivo per godermi diversamente quell’atmosfera. Quella sembra essere la condizione preferita dei cittadini locali. A Venezia, se tornassi a breve, cercherei adesso di “giocare” con inquadrature di riflessi dell’acqua, le specchiature dei balconi nei canali, i contrasti di colore delle pareti delle abitazioni una accanto all’altra e delle loro decorazioni a rilievo; i nomi delle calli in lingua locale incisi su lastre marmoree consunte e incassate nelle pareti, le insegne commerciali dei vecchi negozi, le piazze che appaiono subito dopo strettoie e vicoletti, il dondolare delle prue delle gondole viste a decine in una prospettiva magari al calare della sera…

Pensando alla prima volta che a sedici anni visitai la città con gli amici scattando interamente 3 o 4 rullini fotografici da 36 pose pensando di aver fatto qualcosa di straordinario, devo riconoscere in questo caso, i vantaggi dell’era digitale delle macchine fotografiche che ci permettono di “portare a casa” anche alcune migliaia di scatti fatti in un giorno qualsiasi a Venezia, registrati su una schedina di memoria grande come un francobollo e spessa come il cartoncino di un sotto bicchiere da birra; a patto che si abbiano abbastanza batterie per scattare…

Per questo film che ho volutamente interpretato con inquadrature più cinematografiche rispetto alla versione precedente, ho cercato di narrare la città tramite edifici e personaggi che grazie al carnevale hanno sceneggiato da soli l’intero prodotto senza che io abbia dovuto mostrare particolari capacità. Come ho scritto in precedenza, tornare in un luogo e percorrere nuovamente le stesse strade, può trasmettere meno interesse documentaristico salvo che si scelga di seguire un modo differente di vedere le cose.

Infine, come terza versione della città, un viaggio nel quale ho scelto di usare la pellicola Super8 mm bianco e nero, selezionando le parti più suggestive di quanto avevo visto nelle due occasioni precedenti. Ho cercato di mettere in evidenza le forme e meno i dettagli che avrebbero sofferto senza i colori della loro vera natura. Interessante leggere le scritte che spiegano l’evoluzione delle gondole e della loro diffusione nei secoli costruite come iniziale mezzo di trasporto per poi diventare in periodi recenti veicoli per il trasporto dei turisti.

Buona lettura.

La foto istantanea

La foto istantanea

Perchè fotografare con apparecchi fotografici a pellicola istantanea.

Il sotto titolo dice tutto: per avere subito in mano quanto è stato scattato pochi minuti prima. Ecco le condizioni ideali oggi per ottenere buone fotografie dal punto di vista tecnico, perchè dal punto di vista artistico occorre altro tipo di esperienza. Quasi tutte le fotocamere istantanee Polaroid recenti o meno, scattano foto e stampano immediatamente, senza scelta di non farlo. Per mia conoscenza solo la Fuji Instax SQ10 e SQ20, permettono come fotocamere ibride cioè analogiche e digitali, di stampare in automatico o dopo aver controllato la qualità sullo schermo digitale; vantaggio non da poco data la spesa consistente delle singole pellicole. In ogni caso, per mia opinione, spendere alcuni minuti per la composizione della foto da scattare con qualsiasi apparecchio istantaneo si utilizzi, renderà il risultato pieno di contenuti tecnico artistici irripetibili e significativi; per questo non getto nessuna delle mie foto realizzate con queste pellicole, nemmeno quelle per le quali ho lasciato il tappo sull’obiettivo! Imparo e miglioro, e i risultati si vedono.

La mia esperienza con questi apparecchi spazia anche su multipli scatti sovrapposti in modo voluto, scatti notturni e in movimento e su queste poche righe inizio a mostrarne alcune, di gusto personale ma per me tecnicamente interessanti.

Le mie Sicilie

Le mie Sicilie

Sempre con lo stesso istituto universitario ho viaggiato in Sicilia per accompagnare un bel gruppo di giovani che qui in Italia per studio ambivano a questa meta anche per legami parentelari di seconda e terza generazione. Ascoltando alcuni di loro in viaggio con me, non trovavo espressioni commosse che avrei potuto e voluto filmare, di chi rientra nel proprio paese di origine perché  la Sicilia non rappresentava per nessuno di loro, le radici familiari. Percepivo però un gran desiderio di voler verificare ciò che da parte dei nonni probabilmente era stato raccontato. Citando i nomi delle città di origine dei loro lontani parenti, mi indicavano sempre paesi piccolissimi, segno evidente che a quei tempi probabilmente chi cercava fortuna all’estero proveniva principalmente dalle zone più periferiche di ogni regione d’Italia. La sera della partenza dalla stazione di Campo di Marte a Firenze, si percepiva l’emozione del viaggio addosso a tutti. L’acquisto delle scorte di cibo confezionato dispensato dalle macchinette automatiche vicino ai binari, normale per ragazzi di quell’età, appariva come una staffetta alimentare fra la realtà attuale sempre più rarefatta e il paradiso di un viaggio meraviglioso che li avrebbe segnati profondamente, offrendo loro una lezione di sana alimentazione.

Non viaggiando spesso in treno su lunghe percorrenze, mi ricordo di aver passato nella mia cuccetta singola diverse ore prima di addormentarmi praticamente prima dell’alba, cercando di progettare le riprese lungo l’itinerario concordato per filmare le situazioni su cui puntare di più per fare un documentario interessante. Da subito, appena sbarcati dal treno e trasferiti a bordo di un confortevole pullman a due piani, sono iniziate le riprese solo video cercando di cogliere la gioia di quei giovani e le meraviglie ambientali. La prima vera tappa appena arrivati a Taormina, è stata il laboratorio di un famoso pasticciere lungo il corso che nella sua routine ci ha permesso di assistere nel suo laboratorio al sacro riempimento di ricotta freschissima dei tipici cannoli siciliani. All’esterno del negozio, iniziai a raccogliere le prime impressioni sul cibo locale e ascoltando i dettagli delle ragazze guardando il video qui sotto, potrebbe apparire un’esperienza quasi “sensoriale” o 4D come potrebbe essere etichettata oggi in un moderno cinema multisala! In questo viaggio, oltre alle tipicità ambientali, tutti sono rimasti colpiti dalla bontà del cibo che è stato offerto e dal grande senso di ospitalità che quella gente sa offrire.

Nella strada principale di Taormina dove torreggiava uno striscione dedicato a Pippo Baudo per una recente manifestazione culturale, è iniziata la mia nuova esperienza video fotografica digitale e analogica con i 5 o sei apparecchi foto video tutti pronti all’uso. Ricordo di aver assegnato ad ognuno di quelle macchine fotografiche a pellicola, un ruolo specifico: decorativo con la “tre occhi”, vintage e pose con la Lomo LC-a, reportagistico su angoli di strada e paesani con il formato 6×6 della Lubitel e un misto di tutto senza troppe indicazioni per il fisheye della Lomography. La videocamera digitale avrebbe dovuto documentare l’escursione con la priorità di intervento su tutte le macchine concorrenti per non perdere i momenti più istintivi, preziosi e necessari per una buona narrazione, lasciando la suggestione delle immagini statiche in pasto agli scatti fotografici delle  fotocamere a pellicola. Intorno a me, nei negozi disposti in fila continua, si alternano ancora oggi ceramiche locali tipiche siciliane coloratissime e ispirate alla rinascimentale produzione ancora attiva di Caltagirone, e le ormai popolari magliette nere con profilo di Marlon Brando nel ruolo del padrino, tipico stereotipo non so quanto gradito ma comunque popolare per definire un certo stile di vita siciliano. Nei titoli di coda del film prodotto in quel viaggio, scorrono in mezzo ad altri, nomi e cognomi di origine italiana e spesso del sud.

Ognuno di quei ragazzi, mostrava di essere già completamente a proprio agio e l’idea di dover lasciare quel territorio pochi giorni dopo per rientrare a Firenze, li stimolava a provare tutto ciò che vedevano a disposizione, cibo, bevande, tentare di ascoltare i racconti di passanti che incrociavamo perché incuriositi per il nostro procedere vivace con moderazione ma particolare come gli statunitensi sanno fare.

Le temperature incontrate ci hanno permesso di salire a bordo di un battello e far sperimentare il bagno in acqua vestiti tuffandosi a largo come nessun italiano si sarebbe sognato di fare in quel periodo dell’anno, suscitando l’imprecazione tipica di disagio del marinaio siracusano. Tutto è bene ciò che finisce bene, La musica a bordo con il brano WYMCA dei Village People, riportò tranquillità a quel punto della tarda mattinata verso uno sfrenato desiderio di cibo sano. In quella occasione più volte ho rischiato di finire in acqua anche io trascinato dall’entusiasmo del gruppo; mi hanno aiutato a non essere coinvolto nel bagno in mare, le mie adorabili macchine fotografiche intorno al collo.

Nei giorni successivi, le emozioni si sono susseguite con visite alle catacombe che con la loro oscurità hanno messo in crisi le possibilità fotografiche delle mie macchinette lasciandomi solo la possibilità di filmare nella penombra con mano immobile, i movimenti spettrali dei ragazzi che passavano lungo quei cunicoli. Poi la visita al teatro romano, Ortigia di giorno e di sera per poi arrivare verso la strada del ritorno nella cittadina di Noto, capitale europea dell’arte Barocca e definita dall’Unesco Patrimonio dell’umanità, visitandone i magnifici palazzi borghesi e le sue chiese, ordinatamente disposte lungo il corso principale per poi visitare alche il magnifico teatro comunale. Questa passeggiata mi offrì la visione di persone e scorci così tipicamente siciliani che ho voluto omaggiare con un rallentamento (slow motion) delle immagini per enfatizzarne le immagini. Da lì, il viaggio di ritorno verso l’imbarco per tornare in “continente“, ci vide sostare brevemente a Catania ma solo per un breve caffè lungo le strade di passaggio. Durante il viaggio in treno, dopo aver collezionato e selezionato le immagini più significative del viaggio partì la fase finale di montaggio del filmato per essere proiettato sul mio schermo a 17 pollici del macbook pro nella mia cabina a piccoli gruppi permettendo a tutti di rivedersi in video, rivivendo almeno sullo schermo ciò non avevano mai immaginato della Sicilia.

 

Una sfida di tipo diverso è stata la seconda visita agli stessi luoghi e percorsi un paio di mesi dopo. L’idea di dover filmare per produrre un doppione era per me una preoccupazione che avrebbe rovinato la freschezza delle immagini; da questa analisi durante le settimane precedenti alla partenza, scelsi di guardare diverse volte attentamente il filmato che avevo già prodotto per cercare di rendere il nuovo prodotto diverso e migliore. Scelsi in diversi casi di cambiare punto di vista per le mie inquadrature, filmare da livello stradale inclinare la videocamera e aspettare momenti diversi quando transitavamo negli stessi luoghi. Come è naturale che sia, ci furono anche diverse variazioni che resero comunque il nuovo filmato sostanzialmente diverso anche perché con studenti partecipanti diversi era ovvio che “la storia” la facessero loro. Così accadde, diverse emozioni, personaggi e interviste e un finale a tema che definiva l’atmosfera calda in chiusura di viaggio.

Come il cinema muto del 1920

Come il cinema muto del 1920

 

A Settignano, splendida collina alla periferia di Firenze, ho avuto occasione di girare un medio metraggio insieme ad una troupe composta da un tecnico del suono e una sceneggiatrice e aiuto regista che insieme a me hanno portato a termine quel video prodotto.

Contattato da una associazione i cui iscritti sono compositori esecutori musicali e cantanti delle loro  opere, abbiamo messo su una storia di fantasia che rappresentasse la vera potenzialità insita in ogni essere umano e le sue straordinarie capacità  di rivelarle. Attraverso vicissitudini individuali e rocambolesche avventure, i quattro personaggi principali si trovano a concludere il loro percorso seguendo e riflettendo sui suggerimenti di una medium che in più occasioni li indirizza verso la propria ricerca interiore.

In questa cittadina si sono svolte tutte le riprese in omaggio al luogo che da anni li vede offrire concerti al pubblico. Il film, è stato costruito con non pochi sforzi grazie anche alla collaborazione di gestori di locali che hanno permesso l’effettuazione delle riprese in interni per far sì che lo svolgimento della storia potesse mostrare più ambienti senza gravare su spese accessorie per spostamenti degli attori altrove.
Le riprese hanno interessato un arco di tempo di 6 mesi nei quali si è lavorato insieme dando forma e ottimizzando i contenuti della storia. Tecnicamente abbiamo dovuto risolvere lo svolgimento della trama indossando abiti primaverili fuori stagione per il protrarsi dei tempi di ripresa cercando di non danneggiare la salute di nessuno. Durante una sessione di riprese realizzata in pieno luglio sotto un sole cocente e il fragoroso rumore delle cicale, siamo stati costretti a ripetere le riprese in una nuova location sempre del paese per risolvere evidenti problemi di audio che avrebbero danneggiato l’uniformità dell’audio.

La decisione di convocare nuovamente gli attori per ripetere nuovamente quella scena è stata presa dopo aver visionato più volte e tentato aggiustamenti proponendo anche di trasformare l’intero film in un prodotto con la sola colonna sonora musicale senza voci, simile ai film memorabili dei primi anni del ‘900 agli albori del cinema.


Quella soluzione di cinema muto che poi non è stata adottata, mi ha spinto a salvare quell’esperimento per un futuro utilizzo che potrebbe stimolare proprio come accadeva una volta, a proiettare il film degli artisti in una sala cinema con palco o sotto palco per i musicisti, sostituendo la colonna sonora con l’esecuzione musicale dal vivo realizzata durante la proiezione del film sullo schermo, creando un impatto di vitalità superiore alla colonna sonora preregistrata.

Ecco il trailer del film realizzato per la sua presentazione in città.

Scuola di cinema con giovani e ragazzi

Scuola di cinema con giovani e ragazzi

Trasmettere ad altri le mie conoscenze tecniche e stilistiche di foto e video, mi ha aiutato a comprendere ancora meglio le possibilità di rappresentare scene e luoghi in modi tutti differenti dal mio. La ricchezza del confronto per condividere una scelta, anche se operata con giovani inesperti dal punto di vista tecnico e compositivo, mi ha regalato spesso opportunità di utilizzare un modo differente di vedere le cose.

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I primi video realizzati con studenti dell’istituto universitario presso il quale lavoravo, erano prodotti con stranieri provenienti da varie aree geografiche del mondo e nessun italiano. Gli stili e gli interessi per raccontare Firenze e la vita che la percorre dai loro punti di vista, erano spesso dirette a mostrare  differenze culturali e sociali che la città offriva confrontate con le abitudini e le routine dei loro paesi di origine. Analizzandoli da italiano, si potevano evidenziare alcuni stereotipi più o meno rappresentativi di come lo straniero della loro età definisce la vita in questa città italiana.


Voglio usare la pellicola! Esiste ancora?

Voglio usare la pellicola! Esiste ancora?

Kodak. Film. No compromise.

Questo lo slogan della casa di produzione di pellicole più famosa del mondo che ancora oggi produce e vende pellicole di tutti i formati.

Quando circa 10 anni fa decisi di riutilizzare alcune cineprese che avevo acquistato, cercai sul web i venditori di pellicole per i miei apparecchi, più vicini a dove abito. Grande sorpresa. Abitando nell’area fiorentina, che non è certo l’area principale preposta alle attività cinematografiche, ho trovato 4 rivenditori ufficiali a Roma, due a Milano e un rivenditore di pellicole di tutti i formati che svolge da tanti anni servizi completi di pulizia, restauro, e vendita di prodotti multi marca alla periferia di Firenze. Quali formati offre? Quello cinematografico, cioè il 35 mm, e il 16 mm, la pellicola 8mm e Super8, colore e bianco e nero. Fra le marche produttrici ci sono Agfa Kodak e Orwo; Marco della Movie & Sound, conosce bene tutti questi prodotti e ne suggerisce l’uso abbinato a cineprese specifiche e circostanze ambientali con grande professionalità.

A Vallina, Firenze, la Movie & Sound offre questi servizi, inoltre permette tramite noleggio di attrezzature di realizzare i propri filmati d’autore come giustamente ci tiene a definirli Marco. Da lui ho approfondito che il tipo di emulsione (la parte del film che viene impressionata) della pellicola Super8 e 8mm, è la stessa di quella cinematografica, solo che viene preparata in tagli più piccoli dai produttori. Significa che usando queste modeste pellicole inserite dentro una vecchia cinepresa degli anni ’70, che permettono di realizzare con una cartuccia di pellicola circa 2 minuti e mezzo di filmato, stiamo facendo CINEMA! Per chi volesse avventurarsi con questi prodotti per diletto o per lavoro, sappia  che le pellicole di piccolo formato hanno gli stessi colori delle pellicole proiettate su grande schermo.

Approfonditi questi discorsi, ho deciso di investire un po’ di soldi nell’acquisto di cineprese 16 mm, ne ho possedute 3, due Beaulieu e una Krasnogorsk per iniziare ad utilizzare questo formato, e altre 6 cineprese Super8, Canon, Bolex, Nizo. Mi è stato spiegato che la pellicola Super8, quando viene convertita in digitale tramite scanner, può essere gonfiata in gergo cinematografico o semplicemente ingrandita, mantenendo sempre una buona risoluzione per essere proiettata su schermi cinematografici, certamente non i più grandi. Per questa vantaggiosa possibilità, c’è chi produce cortometraggi e filmati di una certa lunghezza su pellicola Super8 con spesa modesta riuscendo con il filmato finale ingrandito per il grande schermo a partecipare a concorsi e cinefestival. Certamente la qualità della grana e dei dettagli sarà inferiore per esempio alla pellicola più larga, 16mm che con doppia superficie appartiene già ai grandi formati insieme  alla 35mm ai formati del cinema. Per chi fosse interessato, ci sono diversi concorsi un po’ in tutti i paesi che accettano questo mini formato di pellicola come supporto. In Francia ho saputo di un festival che accetta direttamente la cassetta Super8 ancora da sviluppare che viene proiettata sul grande schermo senza alcun montaggio. I premi vengono assegnati ai prodotti più creativi e la cosa forse più interessante per i produttori è quella di vedere anche loro come gli spettatori del festival in sala, per la prima volta la propria pellicola proiettata senza aver avuto possibilità di controllarla prima.

Alla Movie & Sound decisi di prendere a noleggio una Arri BL 16mm per girare il mio primo documentario in quel formato a colori. L’occasione arrivò per un prodotto di nicchia: un laboratorio orafo, volevo preparare un corto che raccontasse ispirato ai filmati degli anni 60/70, l’arte di fare gioielli con un montaggio finale senza dialoghi né voci; solo una colonna sonora musicale che non creasse distrazioni per accentrare l’interesse sul prodotto visivo. In aggiunta, per facilitare la comprensione non scontata della sequenza di immagini, sotto titoli ispirati al cinema muto degli inizi del ‘900 anche per lo stile delle frasi scritte. Per farsi un’idea dei costi di produzione, potremmo dire che acquistando una cinepresa Canon magari Autofocus come una 514AF XL, che è una delle poche macchine super8 con messa a fuoco automatica, anche su Ebay, e comprando cartucce di pellicola a colori, si può girare un filmato di qualche minuto.

Se ti interessa approfondire l’argomento della pellicola o addirittura sperimentare la pellicola insieme, scrivimi.

Pellicola in video

Pellicola in video

Durante un lavoro per agenzia di viaggi, ho voluto portare con me anche una delle mie cineprese a pellicola Super8. Dentro lo zaino avevo con me una reflex digitale con la quale ho prodotto il video promozionale richiesto, in aggiunta avevo anche 4 cartucce di pellicola Super8 bianco e nero. Sapevo che sarebbe stato impegnativo filmare con entrambe le macchine e ho deciso quindi di riservare alla cinepresa a pellicola solo inquadrature paesaggistiche  con inquadrature da fermo per diminuire le vibrazioni tipiche delle riprese fatte a mano. La finezza della grana che rende il filmato quasi materico e più realistico se confrontato con la costruzione digitale delle immagini, fa risultare le immagini veramente affascinanti. Il dettaglio del digitale offre maggiore definizione quando si tratta di rappresentare particolari piccoli come potrebbe essere necessario per il ritratto di un’opera d’arte, la cui immagine dovrebbe essere più vicina possibile ai dettagli dell’originale. Le prime esperienze del cinema con telecamere digitali, richiedevano l’utilizzo di accessori per diminuire l’aspetto delle immagini troppo differente da quelle prodotte in pellicola. Anche dagli attori furono accettate con un po’ di diffidenza da chi aveva timore dei troppi dettagli sulla propria immagine fisica. Ovvio immaginare che per una donna, mostrare nei minimi particolari il proprio viso durante un’inquadratura in primo piano, possa ancora oggi preoccupare mostrando grande dettaglio nel rivelare eventuali imperfezioni del volto costringendo lo staff del make-up a interventi maggiori di trucco prima delle riprese. Ancora oggi, per far rendere la definizione delle immagini video più morbide e simili ai vecchi prodotti a pellicola, posizionare una calza finissima da donna davanti all’obiettivo, permette di diminuire la messa a fuoco nelle inquadrature, riducendo  l’effetto un po’ spigoloso di questa moderna tecnologia.

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Oggi, produttori di software mettono a disposizione programmi con un largo numero di opzioni che imitano anche abbastanza bene i dettagli e i colori particolari conosciuti sulle pellicole. Chi conosce e utilizza ancora le pellicole afferma che l’imitazione non è poi così rassomigliante. La pellicola di un film o fotografica impressionata dalla luce, crea sfumature di intensità estese e profonde; significa che permette con un’esposizione corretta di rappresentare in una inquadratura sulla spiaggia, tante sfumature di luci e ombre partendo dal bianco assoluto dei raggi solari fino a ombre velate delle increspature delle onde anche meno illuminate. Fotografia e video digitale, solo recentemente permettono di avere questa larga estensione di tonalità ma solo con apparecchi abbastanza costosi. La pellicola in bianco e nero, largamente usata e ricercata ancora oggi per filmati d’autore di genere, non offre la chiarezza delle immagini pari a quella a colori. I dettagli sono definiti solo dai contorni e dalle sfumature di grigio e ad un primo confronto fra bianco e nero e colore, la seconda scelta alla quale siamo abituati da tempo su tutti gli schermi che utilizziamo, permette al nostro cervello di riconoscere velocemente le immagini, spesso più per i colori che per le forme. Se immaginiamo una Ferrari in strada, o un frutto, togliendo il colore, il riconoscimento e la sua fedeltà di corrispondenza sono affidati solo alla definizione delle forme e alla nostra abitudine a riconoscerle. Sarà più difficoltoso per chi guarda il filmato seguire e non perdersi dettagli importanti dentro le inquadrature. Esprimersi in bianco e nero, richiede capacità compositiva delle inquadrature; vale il principio universale che qualsiasi elemento senza particolare significato dentro un’ inquadratura, non solo non la arricchisce ma la impoverisce. Se volessimo ritrarre soggetti proprio per la loro condizione coloratissima o piena di dettagli come potrebbe essere un mercatino di Natale, meglio usare la pellicola a colori o un apparecchio digitale. Se invece componiamo nell’inquadratura soggetti controluce o con alti contrasti, può essere indicato utilizzare il bianco e nero per rafforzare la particolarità delle silhouette delle immagini. Come dire, anche i fumetti in bianco e nero deciso continuano a esercitare il loro fascino senza distrarre l’occhio con colori accesi e sfumature. Quindi per la narrazione, che si parli di soggetti statici di una fotografia o in movimento del video o pellicola, i campi di applicazione della creatività si intrecciano continuamente. Nessuno è il migliore in assoluto. Quindi, per chi vuole usare la pellicola bianco e nero e fare un buon prodotto abbastanza definito, meglio filmare in esterno con luce diurna nelle ore più illuminate per non perdere importanti dettagli della scena inquadrata.

Ecco alcuni di test pellicola girati in esterno in condizioni di luce varie, in bianco e nero che mostrano le caratteristiche appena descritte, anche nelle sue limitazioni e difetti che scelgo di mostrare come esperienza personale diretta con la quale guidare i prossimi filmati.

Chissà se in futuro verranno inventati pixel, cioè l’unità con il quale sono costruite le immagini, di forma circolare invece che quadrata per ottenere immagini i cui bordi abbiano un’aspetto curvilineo molto vicino all’effetto estetico che offre la pellicola in modo tale da rendere i video prodotti con una morbidezza di immagine più vicina alla realtà. O forse esiste già  e io non me ne sono accorto?

Guardiamo qui l’effetto che fanno immagini di pellicola Super8 bianco e nero, in un quadro digitale.

Nell’uso della pellicola occorre tenere presente le indicazioni dei fabbricanti per luce diurna e artificiale. Quando usiamo le pellicole o strumenti digitali, le nostre immagini se ci sono condizioni di bassa luminosità, perderanno di brillantezza, offrendo una colorazione tendente ai toni freddi, sul verde blu e così via. Tutto chiaro, niente di nuovo. Allo stesso modo come fare una foto oggi con il telefonino il cui flash sia poco potente per illuminare magari un gruppo di persone nel buio a 5 metri di distanza da noi. Ma, se usassimo la pellicola per luce artificiale in condizioni di luce naturale, cosa succederebbe alle nostre immagini? Qualcosa del genere come mostrato nelle foto qui sotto. Ci sono comunque dei filtri azzurri e ocra da mettere davanti all’obbiettivo prima di fare foto e film per ribaltare queste condizioni e stabilire un nuovo equilibrio, a condizioni che lo vogliamo fare e non sperimentare qualcosa di nuovo! Per il mondo digitale, per risolvere questo problema, esiste una opzione ormai presente su telefonini e apparecchi video e fotografici che si chiama White Balance, (bilanciamento del bianco); con questo comando si seguono le indicazioni per indirizzare la macchina a “leggere le aree di bianco correttamente sia in esterno che in interno e i colori anche se con poca luce riprendono tonalità vicino alla capacità di visione dei nostri occhi.

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Se invece si utilizzano pellicole scadute da diversi anni, i colori caldi tenderanno ad apparire deboli mostrando aspetti pallidi o maggiori dominanti bluastre a seconda dei prodotti usati. Se vi piace sperimentare, questo è un percorso divertente. Farlo con un click su una App di un telefonino, può apparire abbastanza semplice e sicuramente veloce ma non è la stessa cosa. Io uso entrambe le soluzioni per fascino da una parte, per convenienza dall’altra. Visitate l’articolo Lomography per vedere alcuni scatti.

Mister Eleven…

Mister Eleven…

Indossare l’abito della gentilezza e della pazienza, è parte della letteratura buddista che indica l’atteggiamento da tenere nei rapporti personali con gli altri per ottenere a lungo termine relazioni umane migliori. Cerco di applicare questa regola di vita di grande efficacia e buonsenso che mi incoraggia a fare meglio e riprovarci quando le aspettative vengono deluse. Mi accorgo anche dell’importanza di perseverare fino alla fine, per raccogliere davvero i risultati.WP_20151117_16_01_36_Pro

Circa 25 anni fa, ebbi occasione di occuparmi del restauro di una statua di circa 45 cm di altezza. L’esuberanza giovanile di accettare subito l’incarico senza avere le complete conoscenze tecniche dei materiali, fece sì che per arrivare a risultati finalmente accettabili dal punto di vista estetico, fui costretto a rifare quel lavoro tante volte fino a contarne 11 prima di arrivare a conclusione. Lo stress di non capire come mai i colori non assomigliassero abbastanza oltre alla spesa importante per acquistare testi e consultare altri professionisti che mi fossero d’aiuto tirandomi fuori dai guai, non riuscirono comunque a scoraggiarmi dal portare a fine il restauro con successo. Il committente, un americano residente in Italia, fu veramente soddisfatto dei risultati, non mancò tuttavia di chiedere uno sconto sul compenso finale che avevamo pattuito dall’inizio. Non ha mai saputo veramente l’intera storia di quel restauro se non per alcuni accenni alla sua complessità. WP_20151117_16_13_43_ProLo sconto, non fu fatto.

Durante la fase didattica nel periodo in cui insegnavo a studenti stranieri arti ceramiche in un istituto universitario a Firenze, mi sono trovato più volte ad utilizzare questo aneddoto per incoraggiare chi si stava trovando ad un punto morto del suo apprendimento spronato a non mollare fino a raggiungere i propri obiettivi. Con loro dovevo parlare in inglese come da contratto e raccontando questo aneddoto mi fu assegnata la versione inglese di quel soprannome riferito ai numerosi tentativi per concludere quel restauro.  Oggi mi rendo sempre più conto che non importa quante volte si cade a terra, piuttosto è importante quante volte si è disposti a rialzarsi da dove siamo rimasti. Anche per me, nei momenti di frustrazioni professionali e non solo, quell’aneddoto è un potente antidoto che mi spinge a non mollare mai fino alla fine. Thanks, Mister Eleven!

Guarda se vuoi, il video di quella esperienza didattica:

Foto… mascherate

Foto… mascherate

palazzo vecchio

Già durante i primi decenni della fotografia, si usavano mascherini da sovrapporre alla pellicola per ottenere effetti creativi. Cercando sul web anche io ho voluto utilizzare per alcuni miei scatti dedicati a inquadrature di paesaggi comuni o molto conosciuti e quasi scontati, alcuni mascherini sovrapposte alle pellicole. Gli esperimenti che avevo visto praticati da altri, spaziavano da cornici con firme personalizzate o silhouette e stilizzazioni con astrazioni vere e proprie.WP_20151117_15_04_04_Pro Qui è iniziata la mia fase creativa con la quale ho prodotto anche io i miei mascherini personalizzati.

WP_20151117_14_34_14_ProPer descriverla semplicemente, si immagini di appoggiare sul vetro della propria finestra un altro vetro con scritto qualcosa sopra a pennarello indelebile. Ad occhio nudo guardandoci attraverso, il nostro occhio sovrapporrà la scritta a pennarello alla vista fuori della finestra. Se al posto del nostro occhio ci fosse una macchina fotografica a pellicola o digitale, verrebbero registrate due immagini sovrapposte. La fase impegnativa ma assolutamente appassionante è proprio quella di progettare lo scatto tenendo in memoria il soggetto presente sul mascherino e la sua posizione cercando con l’inquadratura davanti ai nostri occhi, di comporre un bell’insieme. Il caso, il progetto elaborato e la sperimentazione fanno il successo del risultato.
Firenze centro

Lomography

Lomography

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Quasi casualmente mentre cercavo sul web fotografie in pellicola bianco e nero, sono arrivato a conoscere il progetto Lomography, una moda nata  da giovani che hanno trasformato in business una scoperta fatta durante un loro viaggio per turismo nell’est Europa. La questione nasce o almeno così si racconta, quando a corto di apparecchiature fotografiche per immortalare i luoghi che stavano visitando, si recarono presso un rigattiere acquistandone una di costruzione sovietica per poter tornare a casa con alcuni scatti fatti.
Al loro rientro, ritirando le stampe delle pellicole negative utilizzate durante quel viaggio, si accorsero di particolari colorazioni, bagliori, contrasti probabilmente dovuti alla non conoscenza del mezzo tecnico che avevano utilizzato. Queste imperfezioni però possedevano una forte personalità espressiva, in alcuni casi maggiore di scatti fotografici perfetti nei colori, nella luminosità, nelle posizioni dei soggetti, che ogni fotografo cerca sempre di realizzare esprimendo se stesso al meglio. Probabilmente, l’originalità di quelle foto, li stimolò a osare di più. Risultati che non conoscevano e non ricordavano possibili nelle loro esperienze digitali, iniziarono ad appassionarli, accendendo in loro il desiderio di replicare quei bagliori, le velature, la vividezza dei colori e i risultati imprevedibili che quella macchina fotografica complessa nella sua semplicità aveva.

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La notte che lessi questo articolo, iniziò per me una nuova fase di sperimentazione fotografica e dopo alcune ore che passavo da un articolo a quello successivo riproducenti decine di fotografie e particolari effetti cromatici, anche io rimasi colpito dal fascino del colore riprodotto con tonalità e variazioni che mi ricordavano la pellicola Super8 che avevo conosciuto da piccolo grazie alla cinepresa con la quale i miei genitori avevano collezionato ricordi di infanzia della mia famiglia. Nei giorni successivi, mi procurai tramite Ebay due Lomo LC-A con le quali iniziare a sperimentare intorno a me fuori e dentro progetti di lavoro. Questa fotocamera, rispetto ad altre che ancora oggi fanno parte della mia collezione, è forse quella che mi ha più tenuto compagnia in piccoli zaini ma soprattutto tasche grazie alla sua compattezza e gli effetti particolari che è capace di riprodurre. Tornando ai fondatori di quel progetto, la loro capacità imprenditoriale fece sì che riprese vita la passione e la ricerca di particolari apparecchi analogici di provenienza dell’est, da parte soprattutto di giovani che desideravano sperimentare nuovi effetti e colorazioni che il mondo degli scatti digitali sembrava non conoscere sempre rivolto all’ottimizzazione e la perfezione dello scatto.
Per coloro che conoscono la fotografia d’origine, quella analogica in Italia dei fratelli Alinari per esempio, sanno bene anche per aver sperimentato come me, che gli effetti particolari prodotti da alcune macchine fotografiche analogiche, erano  spesso il risultato di inquadrature e scatti non perfetti o di alterazioni qualitative dei rullini, e certamente anche per errori umani.
La mia esperienza personale legata a Lomography, è durata attivamente qualche anno prodotta essenzialmente con macchine fotografiche acquistate in negozi di rigattieri, mercatini e anche su Ebay. Il desiderio di scattare foto partendo da inquadrature e posizioni dei soggetti meno ricercati, non in posa e un po’ originali, è stato sicuramente il motore trainante delle mie sperimentazioni. Ricordo, in alcuni periodi di lavoro, avido di sperimentazioni di questo tipo, incaricato di filmare gruppi di turisti in giro in Italia e altre destinazioni europee, di aver portato con me, 7 apparecchi fotografici analogici a pellicola completamente diversi fra loro.
Per prepararmi ad utilizzare al meglio le varie fotocamere con pellicole diverse fra loro, colore e bianco e nero, viaggiavo con questi oggetti plastici con tracolle e catenine come fossi un venditore ambulante. Sul dietro di ogni apparecchio, avevo messo scritte su pezzetti di nastro adesivo per suggerire l’utilizzo più creativo, almeno per quello che riuscivo ad immaginare; palazzi, ritratti, interni, eccetera. oltre a questi gadgets, avevo con me la videocamera che doveva permettermi di realizzare il lavoro per il quale ero sotto contratto. Lavorando e filmando i gruppi che stavo seguendo, ho avuto la possibilità di utilizzare le mie macchine analogiche per ritrarre paesaggi e dettagli conosciuti rendendo interessanti anche inquadrature abbastanza scontate come a volte sono certe foto ricordo di gruppo di fronte a monumenti e palazzi storici.

Camera condivisa

Camera condivisa

Retinette 2

A undici anni non si può pensare di avere tutto, almeno quando li avevo io. Così quando i miei genitori lasciavano la macchina fotografica con un rullino da finire, mi scervellavo per scattare principalmente foto ambientali piuttosto che persone. Dato che acquistando rullini da 24 o 36 pose, gli scatti erano tutti preziosi, ed era preferibile pensare bene decidendo cosa inquadrare prima di gettare al vento una parte della pellicola ricevendo la doppia delusione al momento della stampa completa della pellicola che in automatico produceva tutto, il buono e il poco buono. Non aveva molto senso dal punto di vista economico, scattare solo una parte dei fotogrammi disponibili perché lo sviluppo della pellicola aveva un costo a forfait a prescindere dal fatto che la pellicola fosse stata usata tutta o in parte; in aggiunta, le stampe che venivano eseguite in automatico dal laboratorio fotografico, avrebbero stampato anche gli scatti poco buoni. Se si riusciva a trovare un lab fotografico che controllava manualmente                                   la qualità, allora la spesa era adeguata alle foto risultate buone. Per chi usava in famiglia come tradizione la macchina fotografica solo per gli eventi significativi, poteva accadere di sviluppare solo a fine anno le foto contenute nel rullino ottenendo le stampe dagli scatti che probabilmente come a casa nostra interessavano eventi in un arco di tempo semestrale mostrando immagini delle vacanze estive insieme al Natale. A casa di mia mamma con o senza la Kodak Retinette II, accade ancora!

Ist. d'Arte Firenze sito web

Arrivato al liceo, l’Istituto d’Arte di Firenze, iniziai velocemente ad essere ispirato scattando foto su foto anzi rullino dopo rullino, ritraendo amici e oggetti di classe, sì perché iscritto ad oreficeria,

Incisione a bulino su rame
Incisione a bulino su rame

le fasi di lavoro dei miei progetti erano tutte interessanti e qui iniziarono i miei primi reportage a colori e per economia prima e per scelta estetica successivamente, in bianco e nero.

Feininger
Il mio libro formativo
homepage 3
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Grazie ad un libro che allora mi costò diversi sacrifici oltre all’inizio di una campagna abbonamenti della rivista “Fotografia”, scattò, è il caso di dirlo, la passione di occuparsi completamente di tutto il processo lavorativo fotografico, dallo scatto alla stampa finale con ingranditore bacinelle e acidi fu un passaggio veloce che portò le mie ambizioni di scatti fantasiosi e sperimentali ad un livello superiore. Allora la condivisione con altri era possibile solo attraverso club o circoli specifici che per mia timidezza e giovane età sceglievo di non frequentare; mi trovavo così a guardare e confrontare con le pagine del libro tutor per me di Feininger, per cercare rassomiglianze fra i suoi scatti pieni di sperimentazioni ed effetti speciali e qualcosa del genere che anche le mie stampe offrivano. Poi la fase successiva, quando un po’ più grandicello, decisi di occuparmi di ritrarre non solo oggetti e scenari ma gli umani e anche in qualche caso di me stesso. A Venezia esperienza vissuta con un gruppo di amici, mi divertii a documentare un carnevale, che in aggiunta ai visitatori provenienti da ovunque, vide la partecipazione straordinaria di circa 20 mila persone provenienti dal sud tutte vestite da Pulcinella o almeno così mi ricordo. Il viaggio di ritorno in treno dopo i ritardi e i sovraffollamenti di alcuni convogli in stazione non fu un’esperienza piacevole, ma la mia mente andava ad immaginare ciò che la fotocamera (condivisa) aveva scattato in quella formidabile e coloratissima giornata fino a impressionare 3 o 4 rulli fotografici. Quell’esperienza mi faceva sentire felice non meno di un fotografo quando soddisfatto, porta a casa il suo servizio rivedendo dentro la sua immaginazione e memoria ogni singolo scatto ragionato fermato e inciso su quel meraviglioso supporto tangibile che si chiama pellicola. Oggi cerco di gustarmi la verifica dello scatto dietro i monitor lcd degli apparecchi digitali che uso, ma non è più la stessa cosa. Mentre da una parte serbo nel cuore la suggestione di quelle lunghe attese quando al ritorno di una gita domenicale di scatti fotografici al mare o in campagna con gli amici, si doveva attendere l’apertura dei negozi il lunedì pomeriggio per consegnare i rullini sperando di ritirare le stampe, a fine settimana per poi condividere con gli amici le emozioni, e a volte constatare che la messa a fuoco su certe foto desiderate non era un granché, prendendosi le critiche bonarie degli amici più sinceri. A Venezia quella volta, i rumori dello scatto e della ricarica della pellicola  della mia Retinette, si ripetevano frequenti mentre cercavo la posa ideale, abbagliato dalle numerose coreografie che si componevano tutto il giorno davanti agli occhi di tutti, lasciando ad ogni fotografo esperto o neofita come me, il tempo necessario per cercare i momenti migliori. Ricordo che la spesa per lo sviluppo e la stampa delle foto, era argomento di battaglia e contrattazione per qualche lavoretto in casa che non scalfiva la mia passione nemmeno un po’, pronto piuttosto a rilanciare l’acquisto di nuovi rullini, prodotti chimici, e carta fotografica. Quasi sempre acquistavo i prodotti presso l’ottica Fontani, attiva ancora oggi, ma quasi esclusivamente per il  digitale, con i suoi validi commessi anche nella consulenza e vendita di apparecchi fotografici nuovi ed usati. Ah, che tempi eccitanti… Che nostalgia. Sviluppare pazienza nell’attesa di vedere stampati i propri scatti. Ancora più appassionante era, attendere una settimana per avere indietro i propri negativi bianco e nero sviluppati nei lab dei professionisti dall’altra parte della città pronti per essere inseriti nel frame dell’ingranditore e proiettati su carte di varie dimensioni, dopo aver chiuso le serrande e coperto religiosamente la finestra per allestire nella mia stanza da letto, la camera oscura! Qui ero capace di blindarmi subito dopo cena fino a tarda notte, guidando le stampe dalla bacinella dello sviluppo a quella del fissativo fino al risciacquo finale, per poi appenderle ad asciugare con mollette rubate alla mamma su uno spago. Il sonno, poco in quelle notti, era sempre impregnato delle rimanenze acide e un po’ nauseabonde che rimanevano nel mio fotolab – camera da letto, rendendomi forse un po’ alterato dandomi una percezione delle foto fatte anche più belle di quanto non fossero in realtà. Oggi che scrivo, maneggiando le foto di quei giorni per inserirle qui , torno indietro a quei tempi, grazie all’odore di acido acetico del fissativo che ancora alcune stampe non lavate bene continuano ad emanare. Sono le 23 e trentanove, parlando di fotografia, ho fatto tardi anche stasera. Mi riguardo un carnevale filmato da me anni fa ovviamente a Venezia, e vado a letto. Alla prossima!

Fotografia stenopeica (Pinhole)

Affascinante progetto realizzabile in senso generico con quattro elementi.

  1. una camera oscura,
  2. una superficie fotografica al suo interno
  3. un foro su una delle pareti attraverso il quale la luce naturale proveniente dall’esterno, proietta le immagini verso la superficie opposta all’interno rovesciando le immagini sottosopra
  4. un fascio di luce

In questa apparente semplicità, si nasconde un procedimento di copiatura delle immagini conosciuto fin dai tempi antichi e certamente nel Rinascimento.

La dimensione del foro, il tempo di apertura di questo foro per far passare la luce prima che venga chiuso nuovamente con una specie di tappo o copertura, l’intensità della luce che deve passare attraverso, e il tipo di materiale sul quale la luce viene proiettata, sono collegati fra loro secondo regole ben precise che se conosciute possono dare origine a immagini fotografiche più o meno definite senza il minimo utilizzo di lenti fotografiche.

Le mie sperimentazioni in merito, risalgono al primo anno della scuola media, durante il quale il progetto fotografico fu realizzato da ogni mio compagno di classe utilizzando una scatola di fiammiferi di grandezza normale e un qualsiasi rullino fotografico 35mm.

L’entusiasmo mio fu tale che da allora, gli esperimenti fotografici non mi hanno più abbandonato e nel tempo, a seconda delle risorse economiche di cui potevo disporre o il permesso di usare le apparecchiature che venivano usate in casa mia per fare fotografie, non mancavo di ritrarre persone, oggetti o creare piccoli scenari con i giochi di allora, modellismo, calcio in miniatura, poi amici, ecc.

Il Davide di Donatello dentro il Museo Nazionale del Bargello a Firenze
Il Davide di Donatello dentro il Museo Nazionale del Bargello a Firenze

Durante l’insegnamento di progetti fotografici sperimentali realizzati a Firenze con studenti universitari, ho nuovamente aggiornato le mie esperienze in merito raccogliendo in un breve video il progetto costruito insieme ai miei studenti di allora. Le loro macchine fotografiche erano basate sul progetto Dirkon. Ecco le istruzioni dettagliate per poter sperimentare personalmente questo stile fotografico su pellicola 35mm. Il progetto Dirkon originale. In commercio esistono diverse soluzioni per costruirsi da soli questa camera oscura anche con materiali di uso domestico salvo la necessità di acquistare le tradizionali pellicole da 35mm in uso per la maggior parte delle macchine fotografiche usate principalmente fino a dieci anni fa.
Le esperienze personali mie sono state sviluppate solo in orari diurni e prevalentemente nella città di Firenze dove lavoravo allora. Approfondendo l’argomento credo sia possibile ottenere risultati anche tramite esposizione notturna spendendo un po’ di tempo a calcolare i tempi maggiorati di esposizione della pellicola.

Ecco il video di quella esperienza insieme agli studenti. Viva la fotografia sperimentale! 

La vita a 360 gradi

La vita a 360 gradi

 

Ecco nuove soluzioni per restituire allo spettatore modi sempre più coinvolgenti per diventare parte di un filmato o di una foto. Certamente siamo in un mondo dove le novità tecnologiche non permettono velocemente a tutti di godere degli stessi risultati immediatamente. Questa condizione non credo cambierà mai. La mia ricerca vuole dirigersi verso un servizio più ampio per mostrare la realtà, senza omissioni o singole immagini o momenti filmati da un unico punto di vista. Molto interessante, richiede una seria progettazione per alcuni tipi di filmati, documentari, narrazioni in singolo o accompagnati. La mole di lavoro dedicata alla post produzione, cioè all’elaborazione dei filmati ottenuti può variare: una singola passeggiata per conversare mostrando il paesaggio circostante, può non richiedere interventi se “è tutto buono” ciò che si filma; in casi diversi, dove si voglia inserire parti di altri filmati (non a 360) ma tradizionali, richiede un lungo intervento di costruzione e verifica. Se non siete riusciti a capire molto di tutto ciò, vi invito a guardare un progetto di Paul Mc Cartney, un ex Beatles, che all’interno di una sua intervista su un brano scozzese realizzata in 360 gradi, ha inserito, integrazioni foto e video di di filmati realizzati in gioventù. Anche se non siete in grado di ascoltare e capire tutto in inglese, merita di dare un’occhiata a questo approccio filmico modernissimo. Questa è una delle direzioni che sto cercando di seguire nelle mie sperimentazioni. Buon ascolto e visione!

Il fatto di essere registi, obbliga a fare determinate scelte nel modo in cui si filmano eventi e si mostrano al proprio pubblico. Le fasi montaggio, i tempi, i punti di vista, possono rendere più avvincente la narrazione di un contenuto anche apparentemente comune. Certamente il modo in cui si mostrano le immagini ha uno stile soggettivo e non mutabile; in pratica, può piacere o meno. Con questo nuovo sistema, il video a 360 gradi, mi rendo conto che la visione viene personalizzata da chi guarda, lasciando a lui la ricerca dei contenuti.

Per questi motivi, ho voluto testare una nuova linea narrativa che scelgo di adottare insieme ad altre evoluzioni che mi riguardano. Si tratta di filmare con apparecchi adatti a registrare contemporaneamente audio e video dalle quattro direzioni intorno a noi ma anche sotto e sopra. Tutto ciò può rendere molto interessante, completo e originale il nostro viaggio. Perchè? Realisticamente guardando, vi troverete immersi nelle immagini vivendo l’esperienza direttamente sul posto. E’ più difficile da spiegare che da vedere: provate con la punta di un dito al centro dello schermo a strisciare verso le quattro direzioni, se state guardando su smartphone, altrimenti da computer, va fatto spostando il mouse nella direzione preferita. Il campo visivo si muoverà, verso la direzione che avete scelto.

Benvenuti nel mondo “immersivo” a 360 gradi!

Le possibilità narrative sono infinite. E’ possibile rivedere lo stesso filmato più volte e rinnovare il modo in cui si apprezzano i luoghi e ciò che offrono. Interessante? Mi pare di sì, anche per coloro che motivi differenti, non possono visitare quel luogo.

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Professionista di PRONTO PRO

Professionista di PRONTO PRO

Recentemente sono stato intervistato da Pronto Pro, la più grande rete di professionisti in Italia che unisce un grande numero di persone capaci in ambito diverso. Oggi in una epoca di eventi particolari, necessità creative, fantasia, esperienza e talento, diventa cruciale chiedere a più professionisti la loro opinione riguardo al proprio progetto, perchè è il risultato finale che conta.

https://www.prontopro.it/fi/firenze/videomaking#pro-interview

Facciamo cinema!

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pellicolaDurante la prima settimana dell’anno 2016, una vera sorpresa proveniente da Kodak, aggiorna il mondo su un ritorno a prodotti d’epoca. La prima casa produttrice di pellicole foto e cinematografiche, annuncia l’uscita della nuova cinepresa a pellicola Super8 con audio. Al CES di Las Vegas, fiera internazionale della tecnologia, vengono mostrati i prototipi o comunque due modelli probabilmente di aspetto similissimo alle versioni finali che dovrebbero essere commercializzate a metà del 2016. Letti i report scritti sul web e le foto di quei prodotti, esprimo qui liberamente le mie impressioni da utente che ha filmato in pellicola Super 8 e senza abbandonarla lavora anche in digitale. A oggi si sa che questo apparecchio potrebbe essere prezzato intorno ai 2000€. Sta slittando la messa sul mercato, eccone comunque le caratteristiche conosciute.manico

Interessantissima la presenza della registrazione audio interna che viene memorizzata in digitale su scheda SD inseribile; Il monitor digitale sul quale controllare l’inquadratura di ciò che la cinepresa sta filmando; ciò che si vede nel monitor, dice l’addetto Kodak che viene intervistato, è ciò che la pellicola sta registrando. L’apertura massima dell’obiettivo di cui è dotato questo modello pari a 1.2 quindi molto luminoso. La possibilità di staccare il microfono audio di qualità limitate per inserire una fonte di registrazione audio esterna tramite spinotto mini jack. La velocità di registrazione è possibile a 9, 15, 24, 25 FPS. Molto interessante l’attacco dell’obiettivo C Mount, per utilizzare lenti di marche e modelli diversi, usati nel cinema o comunque molto diffuse e di qualità. Il modello di lente di serie non ha automatismi, di conseguenza l’apertura del diaframma e la messa a fuoco apertarichiedono l’intervento manuale proprio come una volta. La cinepresa ha la scocca metallica e non di plastica come ci potremmo aspettare da un prodotto tecnologico entry level. Sicuramente sarà di aiuto per ottenere riprese un po’ più stabili che tenere in mano un oggetto che pesa come un tablet. Perché non c’è un attacco superiore per una fonte di luce aggiuntiva? Kodak offre pellicole a 500 iso che permettono di filmare anche in ambienti poco luminosi; cercate su youtube kodak 500D per capire le potenzialità di queste pellicole. Parlando di pellicole, la gran varietà di sola produzione Kodak, permetterà a chi volesse cimentarsi nel realizzare prodotti cinematografici o aspiranti tali, di sperimentare luci e colori utilizzando una cinepresa come questa quindi economica rispetto alle macchine da presa per il cinema “assaggiando i sapori” dei colori del grande schermo perché basati sulle stesse emulsionipellicole

Ecco un altro aspetto che incoraggerà chiunque vorrà cimentarsi con la qualità dei colori delle pellicole cinematografiche ad acquistare questo pacchetto di servizi, eccoli descritti: per risolvere il problema dello sviluppo delle pellicole realizzato da laboratori specializzati ormai rari in tutte le parti del mondo, Kodak offre di svilupparci gratuitamente la pellicola, realizzare il telecine, cioè il processo di conversione da pellicola a file digitale con risoluzione della scansione a 4K adesso e in futuro alla massima risoluzione possibile attualizzata, caricando il nostro filmato digitale in un servizio Cloud per poter essere scaricato e utilizzato da noi. Sopra biancaTutto ciò, a condizione che noi regaliamo loro la nostra cartuccia di pellicola Super 8. E’ evidente lo scambio di servizi: tu ricevi il tuo “filmino” digitalizzato spendendo solo per l’acquisto della pellicola (da 23 a 40 euro a seconda della pellicola), e loro utilizzano le immagini migliori e non solo per la propria promozione e test di sviluppo aziendali. Interessante per rilanciare un prodotto che oggi ha un costo un po’ esoso se utilizzato in ambito non professionale.

Ecco un filmato in inglese di una recensione realizzata al CES di Las Vegas di qualche anno fa.

Vienna a Natale

Vienna a Natale

Anni fa ho avuto occasione di seguire e filmare un gruppo per una loro escursione a Vienna. Il viaggio comprendeva alcune mete culturali per lasciare nel cuore di questi turisti d’oltreoceano, un’ immagine di cultura internazionale che non seguisse troppo le tradizionali gite. Il viaggio aveva incluso nel pacchetto una visita alla reggia Schoenbrunn Palace, ex residenza estiva imperiale, il centro della città, una tradizionale taverna con musicisti dal vivo tradizionali e ovviamente svolto in dicembre, una visita agli immancabili mercatini di Natale. Anche se la nostra visita rientrava nella normalità, la sincera partecipazione dei ragazzi ha sicuramente reso unico il nostro viaggio come mostrano le immagini.

Questo viaggio, anzi questo film, nasce da un’idea precedente di voler creare una breve sceneggiatura ambientando nella realtà quotidiana dei protagonisti il loro viaggio, o almeno parte del film. Il mio desiderio era di non iniziare il reportage di viaggio allo stesso modo come nei viaggi precedenti; volevo che il film iniziasse esternamente al viaggio stesso e questa è stata la sfida.

Avevo assolutamente bisogno della collaborazione di alcuni dei protagonisti del mio film, ma non volevo rivelare le vere intenzioni delle riprese dei giorni precedenti; quando non si ha tempo sufficiente per sperimentare diverse possibilità, è possibile che non tutto vada in porto correttamente e un po’ per scaramanzia o per realistica preoccupazione, riuscii a tenere segreta la motivazione di ciò che stavo facendo durante le clips filmate nella settimana precedenza alla nostra partenza.

Per non perdere tempo quando preparavo questi tipi di reportage, iniziavo in anticipo sul viaggio, a selezionare i brani musicali da utilizzare nel film montato, cercando di immaginare l’accoppiamento ideale delle immagini che immaginavo avrei registrato e cercando anche di portare brani musicali un po’ fuori dal comune impregnati di sorpresa, scoperta e avventura e forse come si ascolterà nel film, anche un po’ di personale esagerazione; tutto ciò per rendere il ricordo filmico davvero diverso dai reportage di viaggio tradizionali. Un regista desidera sempre che il suo lavoro venga apprezzato dal maggiore numero di persone possibile; nel mio caso anche questa volta, il raggio delle preferenze era limitato agli organizzatori e ai clienti; chi lo guarda adesso non era il destinatario iniziale del mio prodotto, spero comunque possa almeno offrire… un modo diverso di raccontare le cose!

Da questa intenzione, nacque l’idea di far parlare del viaggio alcuni ragazzi che sarebbero partiti alcuni giorni dopo insieme a me. Scelsi di usare la loro disponibilità prendendo spunto da qualcosa che stavo vivendo durante uno dei miei corsi in aula con loro. Una studentessa, come altre sue compagne, pur vivendo l’inverno fiorentino, non aveva problemi nel venire a scuola indossando dei mocassini di tipo indiano, perché proveniente da uno degli stati freddi dell’America; un tipo di calzatura assolutamente inadeguata per l’italiano medio a Firenze a dicembre. Questo elemento di contrasto mi facilitò per creare la gag nella quale lei discutendo con i suoi compagni diceva che quella sera avrebbe acquistato stivali invernali per la partenza verso Vienna del giorno dopo. La gag finiva con i ragazzi che le ricordavano come invece la partenza fosse in programma la sera stessa. Ecco creato il collegamento per introdurre in modo diverso il mio film viaggio.

Uno degli aspetti meravigliosi che trovo nel viaggiare di notte riposando, consiste anche nel farsi sorprendere la mattina successiva dalle condizioni ambientali che possono essere decisamente diverse da quelle di partenza producendo emozioni genuine come quelle testimoniate a bordo del Wagon Lits da una ragazza al mattino presto appena affacciata al finestrino.

In quella occasione, il passaggio delle Alpi ci fece immergere immediatamente in un vero e proprio paesaggio invernale un po’ troppo freddo per tutti.

Le caratteristiche carrozze utilizzate oggi solo per i turisti, non potevano lasciarci indifferenti così come gli addobbi delle festività natalizie che un po’ dappertutto rendevano magico il paesaggio cittadino. Una delle cose più salutari del turista è a mio avviso la passeggiata prolungata che stimolata dalla voglia di voler visitare tutto e non perdersi niente, rimette in sesto il proprio corpo riducendoci a stracci al termine della serata, facendoci godere doppiamente della giornata trascorsa, prima immersi nella conoscenza del luogo e poi nel sano desiderio di un meritato riposo.

In quel contesto abbastanza freddo, erano frequenti le soste per rifocillarsi durante il cammino. Il cambiamento di atmosfera dal giorno alla sera, mi ha ispirato più volte per soluzioni musicali particolari. Durante il soggiorno non sono mancate le interviste che per via dei precedenti viaggi filmati con diversi altri studenti dell’istituto, mi venivano rilasciate con grande partecipazione. Una tipica trattoria viennese ancora originale con le sue danze e musica dal vivo, una visita personale al Caffè Sacher, dove nacque la leggendaria torta viennese, e la partecipazione ad un concerto dal vivo di Walzer viennesi, ha reso indimenticabile il viaggio a me e agli altri. Nel finale un saluto personalizzato di alcune ragazze nato nella mia testa per creare un titolo di coda “dentro il film”. Nonostante il brano un po’ malinconico del finale scelto soprattutto per rendere omaggio alla assoluta condizione di pace del nostro soggiorno, spero di essere riuscito a trasmettere un po’ di quello spirito freddoloso e natalizio come da tradizione.


Buona visione del film.

 

Intervista a Marco Pagni: La pellicola nel cinema ieri e oggi, per domani.

Intervista a Marco Pagni: La pellicola nel cinema ieri e oggi, per domani.

Ecco in video podcast, un prodotto multimediale prevalentemente da ascoltare, l’intervista integrale a Marco Pagni, esperto di pellicole cinematografiche da decenni che commenta il suo modo di vedere riguardo all’utilizzo della pellicola. Il film cinematografico inteso come supporto non digitale, oltre al ritorno d’uso dei piccoli formati da parte di giovanissimi e di estimatori di un prodotto di qualità, e fra questi il Super 8mm, viene utilizzato per produrre “filmati d’autore” come ama definirli Marco. La pellicola non è superata né sta tramontando. La scelta di tanti, certamente appartenenti ad una nicchia di piccoli operatori di questo fantastico settore che fa sviluppare la fantasia di sentirsi produttori di film nel vero senso della parola, lo hanno spinto a realizzare un suo grande sogno, quello di rimettere in produzione una vecchia “firma” italiana delle pellicole cinematografiche di altri tempi, Ferrania. Lascio alle sue parole cariche di entusiasmo incontenibile, il racconto della visione nel presente di questo supporto, la pellicola, per uso personale e non solo di chi ambisce a fare cinema.

Buon ascolto.


Qui sotto invece, è possibile ascoltarci in una serie di episodi podcast, tutti sulla pellicola cinematografica e il relativo restauro.

La foto immersiva

La foto immersiva

I mezzi di comunicazione avvicinano le persone sempre più. Le barriere e i confini stanno cedendo spazio a forme innovative che permettono di visitare luoghi mai incontrati prima attraverso la foto panoramica. La libertà di scegliere dove guardare e l’economicità e velocità della realizzazione tecnica oltre alla possibilità di fruizione gratuita con i mezzi informatici alla portata di tutti, rendono la foto panoramica un media attualissimo per farsi conoscere e apprezzare per tutti gli occhi.

FIRENZE – Piazza Santa Croce

Campi di applicazione delle foto panoramiche

La foto panoramica per sua natura mostra la realtà ambientale senza alcuna interpretazione. Nessuna finzione o alterazione influenzeranno chi la guarda (salvo manipolazione), il tutto rimane visibile sotto gli occhi di tutti, ovunque lo si guardi.

I vantaggi della foto panoramica sono quelli di non dare una interpretazione arbitraria alle immagini, lasciando che sia lo spettatore a cercare curiosamente i propri interessi. Nel caso di un evento, collocare la macchina da presa panoramica al centro dell’azione, permette di mostrare la scena da qualsiasi direzione si voglia seguire. Nel caso di una foto  in mezzo al pubblico, si potranno apprezzare l’evento e le reazioni che suscita nel pubblico circostante. Ecco come un semplice scatto può diventare animato e raccogliere dentro di sé tutte le sfumature di ciò che sta accadendo senza tralasciare niente.

Fermare il tempo tutto intorno adesso è ancora più facile con la vista panoramica. Il volo di piccioni in piazza San Marco a Venezia sopra la nostra testa mentre si allontanano in tutte le direzioni, può rendere lo scatto fotografico immersivo e congelare la scena per sempre così come si è vissuta.

Usata come integrazione ad un manuale didattico permette di offrire contemporaneamente con un solo scatto la descrizione di oggetti e il loro uso in poco spazio.

La foto panoramica aiuta a superare le barriere linguistiche laddove la descrizione di un fatto o di un ambiente, potrebbe falsare i contenuti della realtà.

QUI UN VIDEO REALIZZATO PARTENDO DA DIVERSE IMMAGINI PANORAMICHE A 360.


La torre del castello di Populonia

Qui sotto un video realizzato con la tecnologia a 360 gradi che invito a guardare, muovendo il mouse per spostare l’inquadratura intorno a voi.


Qui sotto, un altro video sempre a 360 gradi con integrazioni di testi e immagini per arricchire la visione, in punti diversi dello schermo. Sembra quasi di essere sul posto!